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Greenwashing: carta ed altri miti

Oggi va di moda essere “Green”, bisogna essere “eco-friendly”. Dobbiamo pensare all’ambiente e questo è vero ma bisogna farlo realmente e non con un ecologismo di facciata.
Bene questo ecologismo di facciata, appunto, viene definito da un neologismo inglese che sta andando per la maggiore ossia “greenwashing”.
Molte aziende cercano di darsi un’immagine, una reputazione ambientale che di Green ha solo il nome, utilizzando, di fatto, strategie di marketing ingannevole, cercando così di catturare l’attenzione di consumatori meno attenti di altri e più sensibili alle parole che alle analisi scientifiche.
Fortunatamente l’Antitrust sta sanzionando queste pratiche ingannevoli ma vediamo, in concreto, quali sono:

  • Non vengono fornite informazioni o dati significativi che supportino quanto dichiarato nel messaggio pubblicitario;
  • Vengono date informazioni e dati dichiarandoli certificati quando invece non sono riconosciuti da organi accreditati e autorevoli;
  • Vengono enfatizzate singole caratteristiche dei prodotti pubblicizzati, ritenendole di per sé sufficienti a classificarli come prodotti;
  • Le indicazioni sul prodotto sono talmente generiche che il loro significato può venire frainteso dai consumatori;
  • Vengono inserite etichette false o contenenti parole o certificazioni contraffatte;
  • Vengono fatte asserzioni ambientali che sono semplicemente false.

Dove si nasconde il greewashing?

Questo ecologismo di facciata si nasconde sempre laddove i dati sono confusi, fumosi, non ben definibili e che non tengono conto di tutta una serie di attività di contorno. Facciamo qualche esempio:

Uno dei materiali percepito “green” da tutti è la carta, a maggior ragione la carta riciclata. A parte il fatto che spesso si definisce “carta riciclata” anche un sacchetto che ha nella sua composizione almeno il 10% di polpa riciclata mentre il restante 90% è costituito da polpa vergine ma anche nel caso in cui la carta sia totalmente riciclata (100%), occorre capire innanzitutto se è stata raccolta in maniera sostenibile e in secondo luogo se è stata fortemente trattata per renderla utilizzabile mediante l’utilizzo di notevoli quantità di acqua, rendendola, di fatto, meno sostenibile della carta vergine.

“Questo amore per la carta rischia di fare dei danni notevoli”, così come affermato da Shay Zeltzer, ambientalista, fondatore di “Postharvest Hub.Ltd”
Da oltre 30 anni Mr. Zeltzer si occupa di ridurre gli sprechi alimentari preservando la freschezza degli alimenti e a seguito della sua partecipazione alla Fiera Fruit Logistica di Berlino ha dichiarato:
“l’industria del packaging si è trasformata nell’industria della carta […] è puro greenwashing […] “I prodotti non rimangono freschi in questo imballaggio combinato di carta e rete”, ho spiegato a un collega che ricopre un ruolo dirigenziale presso ULMA packaging ma la sua risposta è stata: “A loro non interessa, sembra più sostenibile e questo è ciò che conta”. (Fonte: fruitbookmagazine.it)

Come si evince da queste parole l’apparenza è ciò che conta per il marketing più che la sostanza e noi consumatori non siamo sempre attenti a queste dinamiche.

E prosegue:

  1. La produzione di sacchetti in carta consuma più energia di quella cui necessita la produzione di pack in plastica. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE), l’energia media richiesta per produrre una tonnellata di carta è di circa 5.162 kWh (carta artigianale di circa 200-250 grammi per metro quadro). Una tonnellata di film LDPE (di circa 20-30 micron di spessore), secondo uno studio della Commissione Europea, richiede circa la metà dell’energia necessaria per essere prodotta.
  2. Per la produzione di sacchetti in carta si utilizza molta acqua: circa 1-25 metri cubi di acqua per 1 tonnellata di carta prodotta.
  3. Per rendere i sacchetti “saldabili” è necessario aggiungere additivi adesivi per la laminazione o l’impregnazione, entrambe influiscono negativamente sulla compostabilità;
  4. Aumenta la disidratazione, riducendo così la durata di conservazione e aumentando gli sprechi alimentari nella catena di approvvigionamento e a livello dei consumatori;
  5. Aumenta la deforestazione (e la coltivazione delle foreste non è sufficiente a soddisfare la crescente domanda di imballaggi a base di carta). (Fonte: fruitbookmagazine.it)

L’unico modo per salvaguardarsi dal greenwashing è affidarsi ad aziende che hanno certificazioni chiare e dimostrabili, rilasciate da Enti autorevoli che garantiscono la tracciabilità della filiera dal produttore all’utilizzatore; nel caso delle materie plastiche questa certificazione può essere la ISCC+.

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La GLPS SRL è un’agenzia di rappresentanza di articoli di imballaggio primario per le aziende operanti nel settore alimentare, con una forte specializzazione nei settori caseario, gelato, gastronomia e pasticceria.

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